1 DICEMBRE 1943 - LA TESTIMONIANZA VIVE
ANCORA
E’ ancora tristemente nitido nella mente di tutti il ricordo del secolo
passato italiano. Un Novecento travolgente, nel senso etimologico del termine:
un passato che ha sconvolto un’intera umanità, che comprende conflitti, guerre,
distruzioni di Paesi così come di persone e di dignità. Un passato che dovremmo
tutti prima conoscere, poi comprendere e infine ricordare. Se da un lato, è più
facile associare al panorama storico e sociale del Novecento le due Guerre
Mondiali, la divulgazione delle leggi antirazziali e la deportazione dei ‘non ariani’
nei campi di concentramento, rimangono dall’altro lato più bui i particolari
dell’ultima metà del ventesimo secolo.
Il quadro storico è facilmente ricostruibile: in Germania, il 30 gennaio
1933, all’ascesa al potere dei nazisti segue l’istituzione delle Leggi Razziali
e dei Campi di concentramento, i ‘Konzentrazionslager’. Qui la polizia tedesca
rinchiude tutti coloro che, secondo i canoni razzisti ariani, erano considerati
‘asociali’: oppositori politici-comunisti,
socialisti, dissidenti religiosi, testimoni di Geova, protestanti, ebrei,
persone con precedenti penali, zingari, omosessuali, disabili e prostitute.
Il 5 settembre 1938 le stesse leggi vengono applicate
nella nostra penisola, durante il governo fascista del Regno d’Italia. Dalle
grandi città italiane come Milano e Piacenza partono ogni giorno convogli
diretti ai campi di concentramento.
Ed è proprio da uno di
questi convogli che venne gettata una lettera che oggi è forte testimonianza
della durissima persecuzione.
In seguito, questa lettera venne fortunosamente raccolta
da un ignoto passante e consegnata al destinatario Mario. Negli anni ‘80,
questa, insieme ad altre testimonianze pervenute nel corso degli anni, venne
poi consegnata a Beniamino Matatia (tuttora vivente e residente a Faenza).
“Caro Mario, questa volta devo io scriverti
una lettera d’addio, perché non so quando potrò riscriverti e se lo potrò fare
ancora. Scusa anche se venerdì non
potrò venire, ma chissà dove sarò.”
E’ questa la frase d’impatto con la quale si apre la
lettera datata 1 dicembre 1943, scritta all’ amato “Mario” da Camelia
Matatia, una giovane ragazza, che al tempo aveva soltanto diciassette
anni. Di religione ebraica, visse in prima persona l’istituzione delle leggi
razziali in Italia, la deportazione e il conseguente sterminio degli ebrei nei
campi di concentramento. La lettera fu scritta nel momento immediatamente
precedente l’arresto di Camelia da parte dei fascisti; più tardi la ragazza la
gettò dal camion sul quale si trovava in direzione del carcere.
Camelia era nata nel 1926 a Forlì, ma giovanissima si era
trasferita con la famiglia a Bologna. Qui era stata catturata dai tedeschi insieme alla madre, al padre e al fratello
Nino . Portata inizialmente nelle carceri di Ravenna nel 1944 e, caricata in un
secondo tempo sui carri merci, nella notte tra il 26 e il 27 gennaio 1944 aveva
raggiunto la città di Milano, da dove il 30 gennaio era stata costretta a salire
sul convoglio “RSHA” insieme ad altri 605 deportati. La destinazione era il
campo di sterminio “Auschwitz – Birkenau”.
“So di non avere nulla da rimproverarmi”
scrive Camelia “ se non di essere nata con un marchio disgraziato. Un marchio che nemmeno la scolorina del
tempo potrà mai cancellare. […] I nostri poveri occhi umani hanno una vista
breve, limitata nello spazio, ma ancor più nel tempo. Non sappiamo quel che ci
aspetta domani, e nemmeno tra cinque minuti.”
E’ il tono di rassegnazione
che traspare tra le righe che porta a soffermarsi e a riflettere sulla sofferenza e la paura di coloro che erano a
conoscenza, o immaginavano ciò a cui stavano andando incontro.
Solo venti
persone fecero ritorno dal campo di concentramento “Auschwitz – Birkenau” una
volta liberato dalle truppe sovietiche il 27 gennaio 1945. Una tra queste era
Nino Matatia, il fratello di Camelia: lo salvò la sua abilità apprezzata dalle
SS nel suonare la fisarmonica, strumento che con il suo suono malinconico
accompagnava il percorso dei deportati fino alle camere a gas.
“Scusa
se ho scritto poco e male, ma il tempo che mi hanno dato per mettere a posto le
mie cose è molto poco.
Addio,
Camelia”
Ilaria
Matatia
4^D
Liceo E. Torricelli
Faenza
- Ravenna